mercoledì 24 luglio 2013

L'ispirazione

Prima ero in treno, in piedi in una carrozza di seconda classe. Fra i tanti che pigiavano sul cellulare, un ragazzo alla mia sinistra scorreva messaggi intervallati da foto di una ragazza, che  mostrava seno e vagina e sedere in varie pose.

Le foto venivano da un autoscatto verso uno specchio, come mostrava il riflesso del flash.

Il ragazzo ha scorso più volte la lista delle foto dal basso verso l'alto e dall'alto verso il basso. Poi è passato a scrivere un messaggio: con l'aiuto del correttore ortografico ha messo giù qualche lettera, cancellata, una parola, cancellata, una frase quasi completa, cancellata. E' tornato più volte indietro alla lista di messaggi, si è soffermato su qualche foto, ulteriormente ingrandita e visionata nei dettagli.
Ha riaperto il messaggio, ci ha pensato ancora un po' e ha scritto sicuro: Certo che sei proprio un gran figa, corredato da tre punti esclamativi.

Lo ha inviato. Ha bloccato il cellulare e palesemente soddisfatto ha inforcato gli occhiali da sole e si è assopito, perché l'ispirazione si insegue, può tardare a venire, ma quando giunge appaga pienamente.



sabato 13 luglio 2013

La spedizione perfetta

Sono entrato alla posta con questo enorme scatolone, portandolo a fatica su per i tre gradini e urtando la porta automatica.
L'ho posato pesante vicino alla cassa 1 delle spedizioni per prendere il mio numero. Ho appoggiato un gomito sul lato corto del pacco guardandomi in giro, vistosamente compiaciuto.

Successivamente è entrato un uomo con poca barba e una maglietta aderente sulla pancia, con un misero scatolo. Un pacco che teneva stretto contro il fianco. L'indirizzo era scritto a mano con un pennarello su un foglio da blocco per appunti a quadretti, fissato ad un lato con del nastro adesivo trasparente; il foglio quadrettato aveva una vistosa piega. Il pacco era destinato a New York.

"Patetico: il mio pacco va in Giappone", ho provato a comunicargli con un sonoro colpo di tosse, mentre il mio A4 in Times New Roman trionfava tra le strisce marroni del nastro adesivo. "Il mio pacco è quasi al limite della misure massime consentite per una spedizione internazionale", volevo sottolineare strisciando lo scatolone verso di me. "Ben 16 chilogrammi", sembrava trasmettere il leggero dondolio smorzato che volutamente causavo al pacco urtandolo lievemente.

Ne ho spedite di lettere, cartoline ad amici in Italia, cartoline a mia madre dalla Svizzera, cartoline a me stesso, pacchi in giro per l'Europa, una volta un plico imbottito verso gli Stati Uniti pieno di fogli: ma mai mi ero spinto così lontano.
La scatola è perfetta, un parallelepipedo di cartone a doppio strato; gli spigoli tutti rinforzati con il nastro. Dentro della plastica con le bolle protegge il contenuto, ignaro del lungo viaggio.

Arriva il mio turno, dopo almeno 20 minuti. Avevo già i moduli compilati, fotocopia del codice fiscale e dichiarazione doganale in tre copie. Tutti i dati vengono inseriti al computer, il costo per la spedizione pagato e la bolla incollata sul pacco.

Me ne sto per andare, la porta si apre, mi volto, torno indietro, l'impiegata alza gli occhi, io le sorrido per tranquillizzarla, mi chino e abbraccio il pacco sapendo che non lo avrei mai più rivisto. Una lacrima si affaccia agli occhi di alcune persone presenti.



mercoledì 3 luglio 2013

Scuola 2.0

L'altro giorno dovevo tenere una classe per due ore. Un prima di piccole pidocchiose pubertà. Pensavo di inventarmi il gioco dei 30 minuti del bimbo-legato-imbavagliato e la tipica mezz'ora del chattate-su-facebook-con-50enni-che-si-fingono-giovani, attività classiche dell'insegnante medio del laboratorio di informatica.

Poi ho pensato, magari potrei fare qualche cosa che nessun insegnante farà mai con loro. Ci mettiamo tutti attorno alla cattedra e cerchiamo di pensare a quali siano i problemi della scuola, come mai la loro età sia sempre tanto ostica e tali difficoltà vengano spesso trascurate da noi adulti.
Perché il mondo dei "grandi" è così lontano (avrei fatto le virgolette in aria con indice e medio uniti) e le rispettive voci si perdono in una nube di incomunicabilità generazionale?
Insomma come deve cambiare la scuola per venire incontro alla mutazione della società moderna? Sono le strutture inadeguate o lo sono gli stessi docenti? Permettere a vecchie insegnanti in menopausa con tute da ginnastica di entrare nello spogliatoio femminile con una scusa qualsiasi segue abbastanza le linee guida del Ministero?

Alla fine ho lasciato perdere: ho paragonato la faccia del più brufoloso alla cartografia lunare, con tanto di contributo video tramite Lavagna Multimediale proiettato in volto, e li ho guardati sbeffeggiarlo per i rimanenti 45 minuti: adorabili canaglie. Avrò i miei 10K like di gloria da Tema caldo su repubblica.it?