Edward
Norton Lorenz era un uomo tranquillo che amava il suo lavoro. Ogni
venerdì era solito tornare a casa un po' prima dall'università dove
si occupava di matematica, in particolare di matematica legata alle
meteorologia. Era sposato da almeno 20 anni e si vantava di conoscere
le donne e con “donne” intendo sua moglie e con “bene” si
intende così così. Lorenz aveva l'abitudine, consolidatasi da circa
10 anni, di passare ogni venerdì a prendere un mazzo di fiori e una
bottiglia di vino in un supermercato sulla via del ritorno. La
consorte, certa della bottiglia di vino e del mazzo di fiori, un'ora
prima del suo rientro a casa iniziava a preparare costolette condite
in un solido strato di spezie che all'arrivo del marito sarebbero
state sfrigolanti in padella, pronte per essere rigirate un'ultima
volta un momento prima che i fiori le fossero passati in mano, un
bacio le venisse dato in fronte e la bottiglia toccasse il tavolo
della cucina. Le cena trascorreva principalmente nell'ascoltare la
moglie. La moglie di Lorenz sapeva di essere lasciata parlare, ma la
cosa sembrava inorgoglirla quasi quanto i sorrisi del marito tra un
boccone e un sorso di vino. Finita la cena i coniugi ascoltavano
qualche programma alla radio e poi si ritiravano al piano di sopra,
pochi minuti prima delle 22 come era sempre avvenuto negli ultimi 10
anni.
Il lunedì
seguente, guidando verso l'università, fumando con un braccio sporto
dal finestrino, Lorenz si domandava come mai tre sere prima la moglie
avesse voluto onoralo di una appagante sessione di sesso orale, cosa
che invece non era avvenuta il venerdì notte ancora precedente, né
tre settimane fa, mentre ancor prima fosse accaduta per quattro
settimane in serie.
Durante la
mattina Lorenz programmò il computer che usava per lavorare
(all'epoca i computer erano noiosi e senza faccine buffe) per
ottenere un grafico dell'evoluzione temporale di equazioni che
rappresentavano un modello semplificato della convezione atmosferica,
equazioni che, come sarebbero state conosciute a posteriori, Lorenz
usava chiamare equazioni di Lorenz dal nome del loro scopritore, che
era lui medesimo.
I dati
lentamente macinati produssero un tracciato. Tornato dal pranzo,
volle estendere temporalmente il calcolo, e lo fece ripartire usando
meno decimali nei dati iniziali in modo da velocizzare
l'elaborazione. I grafici dei due risultati dopo pochi decimetri di
carta perforata divergevano come le traiettorie di due automobili
guidate da Schumacher ora e quattro anni fa. Assodato che il computer
non avesse fatto errori grossolani, Lorenz aggiunse alla frustrazione
del non conoscere sua moglie l'aggiunta costernazione di non
comprendere appieno ciò che lui stesso aveva creato.
Tutto ciò
avveniva nel 1963, quando negli ultimi 60 anni la fisica unita alla
matematica, aveva già oltremodo infastidito le solide concezioni che
per secoli mantenevano salde le boccolute parrucche sui crani degli
eminenti scienziati. Se Lorenz avesse avuto modo di discutere con
Newton delle sue pruderie matrimoniali o delle sue equazioni
quest'ultimo non lo avrebbe capito. Tralasciando il fatto che Sir
Netwon tutto preferiva tranne avere a che fare con le donne
(commentare la Bibbia, cercare di trasmutare i metalli, odiare in
preda ai fumi del mercurio tutti i suoi colleghi), per lui
un'equazione relativa ad un fenomeno fisico si prendeva, si rigirava
come meglio conveniva e si risolveva come solo un vero matematico
d'altri tempi osava fare. All'inizo del secolo Einstein non ci
avrebbe fatto capire più niente dello spazio e del tempo, mantenendo
comunque un certo determinismo della nostra ignoranza del fenomeno
fisico:
"Ti sembra lungo?"
"Non saprei, a che velocità inerziale hai detto che ti stai
muovendo?"
dove anche
il durare risulta imprescindibile dal sistema di riferimento: negli
acceleratori moderni un evento troppo breve per essere misurato viene
fatto andare veloce e come per magia sembra durare di più allo
scienziato che sta fermo alla stazione osservandolo avvenire, a parte
il fatto che non sia magia, ma equazioni. Fino ad arrivare alle
meccanica quantistica nella quale non posso sapere nulla di un evento
prima di misurarlo e l'atto di misurarlo ne determina la misura, roba
che, anche a dirla seriamente davanti ad una lavagna, ti prendono per
scemo.
Lorenz che
non era uno sprovveduto queste cose le sapeva, ma come aveva imparato
alle elementari, la relatività ristretta riguarda le cose piccole
piccole che viaggiano a velocità veloci veloci mentre la meccanica
quantistica riguarda cose piccole piccole che non sanno nemmeno ben
loro se essere particelle o onde. Questo sicuramente non poteva avere
a che fare con le sue amate masse atmosferiche, che, benché,
costituite da cose piccole (atomi, non particelle: per il lettore
distratto le particelle sono piccole piccole), erano descritte da
equazioni che nella loro formulazione risultavano molto più vicine
al buon Isacco che agli scapestrati fisici dell'ultimo secolo.
Quindi
Lorenz cosa aveva sbagliato? Stesso vino, stesso orario di ritorno,
stesse costolette, stessa cena, stesse equazioni e stessi dati
iniziali? Quasi. Ripetendo la sua simulazione al computer includendo
tutti i decimali che si poteva permettere, ottenne un terzo risultato
e comprese quello che tutti noi ora chiamiamo nelle conversazioni al
bar con gli amici “effetto farfalla” che enunciato in termini
chiari anche all'innamorata dell'eroe in canottiera in un film di
Hollywood: “cambi di poco la condizione iniziale, il risultato
prende una piega imprevista”. Esplosione. Quindi anche in un mondo
ideale dove tutti coloro che su Facebook sanno come stanno veramente
le cose hanno modo di provare le loro idee, fallire e stare zitti per
sempre e dove tutte le equazioni per descrivere la realtà sono
definite in un comodo breviario tascabile, impercettibili errori nel
definire le condizioni iniziali stravolgono la nostra previsione del
futuro. I decimali alle spalle del numero contano, e tanto, quindi
anche l'errore che si fa nel misurare: siccome le due cose sono
imprescindibili ci troviamo ad essere deterministicamente fottuti.
Lorenz
imparò allora una importante lezione morale che sono certo avrebbe
voluto condividere: la prima volta che ti porti una tipa a casa è
(quasi) un Newton assicurato, dopo 20 anni di matrimonio meglio
giocare bene le tue condizioni iniziali.