venerdì 26 dicembre 2014

Quelle donne che escono dall'auto e sono già lontane

Hai appena fatto il movimento per spegnere l'auto e lei è già fuori, ha preso la borsetta dal sedile posteriore, sbattuto la portiera come se la tua vettura fosse un autorimorchio con sei treni di ruote e cammina oltre, non si volta e le sue falcate hanno una meta precisa: lasciarti indietro.

Che se potesse sarebbe già uscita una decina di minuti prima: come se avesse fatto un favore a stare paziente in auto con te mentre parcheggiavi, con la cintura già slacciata e la mano sulla portiera per fare scattare il meccanismo mentre le ruote sono ancora in moto.

Lei ha già fatto colazione, lasciato il conto per te che devi ancora entrare; fatta la spesa, un giro tra i negozi; incontrato un paio di amiche. Si è specchiata una decina di volte in qualsiasi superficie forse per controllare non vi siano buchi neri tra una vetrina e un portatovaglioli.

Tu stai tornando indietro per la seconda volta per verificare che tutti i finestrini siano stati tirati su e stai provando una per una tutte le quattro maniglie e quella del vano bagagli perché non ti fidi della chiusura centralizzata.

Lei torna, si piazza davanti alla portiera, mano sulla maniglia: "Beh, non mi apri?!?". Poi cambierà stazione alla radio prima di infilare la cintura.

sabato 16 agosto 2014

A proposito dell'attore morto


Quando muore un attore immancabilmente sembra che siano morti i suoi personaggi, tutti contemporaneamente.
Un aereo carico di ruoli, un'auto fuori strada zeppa di macchiette, un proiettile a grappolo che lacera pagine di soggetti o una siringa che trafigge a spiedino Bluto, Jake e pochi altri.

In questo caso una lunga cintura di una quarantina di metri appesa ad una trave Innocenti da 20 pollici.

Premetto, così chi vuole può smetterla ora di leggere e perdersi il più bello, che Robin Williams non mi stava particolarmente simpatico, simpatia intesa nella stessa accezione per la quale l'altro giorno sarebbe morto il professore di quel film con tutti in piedi sulle scrivanie per ribellione, la matricola di medicina quasi cinquantenne che ci prova con la biondina e sfida il sistema, il robot che Asimov-meglio-stia-tutto-dentro-alla-carta o quell'alieno che ha segnato il vero salto dello squalo per la serie con l'unico uomo che abbia mai visto come figura paterna.

Insomma è morto lui, tutti i suoi personaggi no: quelli non sono mai esistiti, mai sono nati, mai moriranno, per l'appunto mai saranno Platone e gli eventuali omonimi manco desideravano assomigliarvici. Sembra sciocco ma l'ho detto lo stesso, visto che mi pare si faccia sempre una grande confusione tra il burattinaio e i burattini, fenomeno che per il cinema avviene con frequenza, forse a sostegno della tesi che sia un'Arte ancora sostanzialmente (giustamente) infantile, oppure raramente profonda oppure ancora più raramente un film di Kubrick.

Quando muore uno scrittore, i suoi ammiratori sembrano comprenderne meglio la dipartita, in certi prolifici casi anche con il certo sollievo di chi non dovrà fare altri sforzi per poter affermare con gli amici "ho letto tutto di lui".

Ovviamente il comprensibile rimpianto resta per la mancata possibilità di vedere altre opere interpretate dall'attore stesso: avremmo tutti voluto salvarlo, dargli due sberle, qualche milione di dollari e sbatterlo dentro ad un costume sotto le luci davanti ad uno schermo verde a fare smorfie. Però penso che Nuti si è salvato, ma comunque non vorrei vederlo in nessun altro film


Dopotutto anche Einstein morì, ma onestamente immagino che a quell'età, nonostante le ammirevoli buone intenzioni avesse meritatamente sempre più voglia di godersi la fama,


suonare il violino in barca con un giubbotto di pelle,


oppure diventare una calamita da frigo.




martedì 4 marzo 2014

Lui

Ricordo ancora quando era vicino a casa, dall'altra parte della via, difronte al cancello principale. Il primo bidone della spazzatura che ricordo. Bastava superare il marciapiede, la strada che al tempo era ancora a doppio senso e appoggiare la falcata dell'ultimo passo al pedale che ne alzava il coperchio.

Poi la strada è diventata a senso unico, la segnaletica è stata rifatta, i lampioni sostituiti ed in ultimo i percorsi dei camion dei rifiuti ottimizzati, riducendo il numero di cassonetti.

Ora il cassonetto è lontano un isolato di tre case: non è più lui, è nuovo e lucido, compagno di una campana verde, di un cassonetto giallo, di uno di plastica stretto e marrone e di uno per gli sfalci del giardino, in disparte.

Per raggiungerlo ci vuole almeno un minuto all'andata, un minuto al ritorno e sembra di andare in territorio straniero. Mi pare quasi di portare la mia spazzatura a casa d'altri, in un cassonetto che più non mi appartiene. Quando i cittadini limitrofi al bidone mi guardano seduti sulle loro sedie di plastica da giardino, una sorta di senso di colpa mi affligge e allora chino il capo quasi in un moto di scusa.

Se lui, il singolo bidone onnivoro, fosse ancora accanto a me lo tratterei diversamente. Richiuderei sempre il coperchio dopo averlo usato, raccoglierei ogni ramo accidentalmente caduto fuori, gli starei più vicino prima e dopo aver buttato la spazzatura e magari ogni tanto arriverei da lui, oltre la strada e oltre il marciapiede anche senza avere niente da gettare.

Eri così vicino e comodo eppure non ti apprezzavo.


martedì 25 febbraio 2014

Corso di fotografia

Tornando tardi vedo questo gruppo di giovani che trascinano cavalletti con reflex avvitata sopra.
Si muovono in branco, tutti davanti ad un monumento rinascimentale. Puntano le macchine, ascoltano qualche indicazione di un insegnate e scattano. Qualche inutile flash parte dopo alcune luci anti occhi rossi.

Uno che vuole fare l'artista indipendente, quello che se tutti guardano avanti pensa che sia meglio guardare indietro, oppure guardare quelli che guardano, si sposta dall'altra parte della strada, ruota la ghiera dello zoom e da una prospettiva completamente diversa da quella canonica, scatta una foto che poi si rivelerà essere di merda come quella di tutti gli altri.