sabato 16 novembre 2013

Le mie vacanze

Questa estate abbiamo fatto la vacanza di quanto avevamo 22 anni, però l'abbiamo fatta  32.

La direzione è stata il nord, dove ci sono le bionde e i racconti improbabili al ritorno, con gli zaini da ottanta litri, le giacche impermeabili piene di chiusure, i calzettoni di spugna e le carte di credito con circuito internazionale.
Siamo andati a dormire in ostello, dove le lenzuola si noleggiano e il cuscino è soffice di peli pubici altrui, con il cucinotto in camera e il supermercato un'isolato lontano. Poi siamo andati a mangiare ogni santo pasto al ristorante, lasciando mancia proporzionale alla lunghezza delle gambe e richiedendo per vezzo la ricevuta.
Nel frattempo, tra la consegna dei bagagli all'andata e l'atterraggio del ritorno, ci siamo lamentati di tutto. Le scarpe che fanno male e il cibo che ha un sapore diverso dal nostro ristorante con ampio parcheggio del venerdì sera.
Abbiamo pagato tutto tanto, visitando musei sofisticati dove i materiali edili imitano la natura e passeggiando con sarcasmo tra gli asiatici in fila per tre.
A metà viaggio si sono contati i giorni prima del ritorno rimpiangendo forma e altezza del WC di casa.

Magari improvvisare una domanda sulle nefandezze di Hirst alla hostess del museo in pausa pranzo non può esser considerato brillante, ma non si fraintenda: le città erano tutte molto carine, pulite e ordinate, poi comunque le bionde c'erano e sono sempre più belle sfocate da lontano. Purtroppo saltavano veloci da un locale all'altro, parlando un inglese nettamente più veloce del nostro, leggere di 10 o più anni con il peso altrove giusto da non lasciarci in pace.
Come dicevo le scarpe ai piedi facevano male, tutto il giorno in giro ci si stanca, "andiamo a dormire un po' prima che domani ci svegliamo presto e magari cerchiamo un locale che faccia la pizza con il bordo alto".
Poi tornati a casa andiamo a fare aperitivo alla multisala, così siamo direttamente lì per il film.

Viaggiare è cambiare tazza sulla quale stare seduti.



giovedì 14 novembre 2013

100% lycra

Mi trovato ad un ufficio del cimitero di Padova. Mi capita spesso quando ho un po' di tempo libero di frequentare cimiteri, uffici afferenti, anagrafi o archivi storici.
Ero li seduto in attesa ed entra questo signore, anziano tipo un vecchio, distinto come un giocatore di golf non americano.

Si avvicina ad un addetto e con grande riserbo, smorzando un po' il tono della voce e gli pone il suo problema: il suocero sta schiattando in casa di riposo, non ha lasciato disposizioni ma loro lo vogliono cremarlo.

L'addetto gli ha allora illustrato la procedura, le formalità ed i costi abbastanza irrisori. Il signore sembrava soddisfatto e mentre prendeva qualche appunto su un foglio di carta piegato in quattro con una penna dal sapore di vecchia scrivania con ripiano in vetro, ha alzato la testa e con candore ha chiesto se poteva già avviare la pratica per la cremazione.

L'impiegato lo ha guardato tra l'incredulo e il divertito, rispondendogli: "Ma non possiamo sapere quanto altro tempo il Signore voglia concedergli!". Il signore senza maiuscola si è giustificato dicendo che oramai doveva rimanere poco da vivere al suocero essendo veramente questione di giorni e, lievemente seccato, che se era proprio il caso di aspettare avrebbe atteso e sarebbe ritornato.

Prima di andarsene l'addetto gli ha lasciato un opuscolo dove si consigliava di abbondare nella somministrazione di prodotti alcolici, cioccolatini al rum, tiramisù con rosolio e di mostrare preferenze verso gli abiti sintetici.