martedì 8 giugno 2010

L'ostile libero 1

A pagina 9 trovate un mio articolo, qui.

Il titolo del giornaletto è per fare capire che si è liberi ma anche ostili mostrando i denti e le unghie, si scrive in libertà senza tutte quelle fastidiose regole e quei capi che vogliono soffocare la nostra vena artistica. A chi ci vuole ingabbiare in un sistema di preconcetti e luoghi comuni noi facciamo muso duro, noi diciamo no. Noi vogliamo pensare con la nostra testa e vogliamo fare in modo che la mentalità dei giovani non sia condizionata e subisca un continuo lavaggio del cervello da parte dei media in generale e della televisione in particolare.

La televisione che mostra un modello di vita che non esiste e che nasconde i veri problemi della società dietro un continuo mostrare tette e culi. E queste tette e questi culi che devono essere ben grandi, rotondi e sodi come marmo per coprire i problemi della nostra società.

Quello che persone che stanno su al governo a rubare a man bassa i nostri soldi, i soldi delle nostre tasse (che appena finiremo l'università una volta tornati dall'erasmus e poi facciamo il tirocinio per la tesi e la tesi e poi cerchiamo lavoro e poi interrail per premio e poi ci assumono sottopagati perché ai giovani nessuno crede, pagheremo anche noi), devono comprendere è che i giovani sono il futuro e che è la mentalità della gente che deve cambiare.

Non si può più tacere, perché tacere è sbagliato quanto nascondere la testa sotto la sabbia. E sotto la sabbia si rischia di trovare le siringhe dei drogati che portano l'AIDS.

Alla libertà e magari anche alla giustizia noi diciamo sì, in coro. Assolutamente.

giovedì 3 giugno 2010

Amore da treno

Penso di averla vista al treno fin dal primo giorno, mentre passeggiava annoiata dalla stessa idea della routine dell'attesa. Subito vi è stato un veloce scambio di sguardi: io l'ho guardata e lei ha visto che la guardavo e nel fare questo mi guardava.

Salendo quotidianamente gli scalini che portano al binario, facevo subito correre gli occhi nell'ipotesi del dove l'avrei vista. Dietro una colonna, oppure seduta al bordo di una panchina con la borsetta in mano, altrimenti di spalle con il cellulare, in mano.

Quando la vedevo scrivere al cellulare speravo sempre che stesse scrivendo a proprio me e quindi correvo con la mano in tasca in attesa di una improbabile vibrazione. Ovviamente non poteva scrivermi non possedendo il mio numero, ma vi era sempre la remota possibilità che avesse trovato il mio numero provandone a caso. O forse poteva avere chiesto ad un amico, che magari conosceva di vista un amico che aveva il mio numero. Impossibile?


Avete presente quando ci si sente predestinati, fatti "l'uno per l'altra"? Praticamente la sensazione di conoscere come andrà a finire e semplicemente attendere. L'attesa inevitabile, come una biglia che rotola in un piano inclinato per trovare alla fine della sua corsa il vuoto di un salto da un tavolo e infine un cuscino. Soffice.

Un poeta una volta scrisse che parlare d'amore è come leggere un libro senza parole, senza dare ad intendere agli altri che le pagine che teniamo in mano siano vuote.

Non avevo ansia e facevo passare i giorni in questo nostro lento e complice corteggiamento. Prima o poi sarebbero stati baci, e abbracci e poi ancora baci, foto di baci con abbracci, vacanze insieme con tante foto e un sacco di baci. E una casa insieme e gli amici che la ricoprono di carta igienica, il domopack nel water e il dado dentro la doccia.

Una mattina mi sono avvicinato. Lei si deve essere accorta del mio primo, timido, imbarazzato tentativo di approccio e non ha fatto nulla per respingermi. Sono arrivato al suo fianco e le ho parlato...

Ciao, ehm, prendi sempre questo treno...
Vuoi che mi metta a gridare pezzo di scemo?